Estate feroce – Recensione

Estate feroce – Recensione

Riepilogo : Estate del 1943. Carlo, figlio di un alto fascista, è in vacanza lontano dalla guerra a Riccione. Lì incontra Roberta, giovane vedova di un ufficiale di marina e madre di una bambina. Si innamorano perdutamente. Il 25 luglio la radio annunciava la caduta di Mussolini, la gente che spazzava le strade e il padre di Carlo in fuga. Vuole allenare suo figlio, ma Carlo sceglie di restare con Roberta nonostante il pericolo. Una sera, presi di pattuglia, decisero di andare a nascondersi con Roberta a Rovigo. Ma l’attacco aereo del treno che li trasporta lì li separa…

critico: Il film delle vacanze, un sottogenere in sé e per sé. Romanzo frenetico e fugace, incoscienza, dimenticanza del giorno dopo quando è davvero necessario partire. Circa un anno fa, un altro film di Zurlini, La ragazza con la borsaHa avuto il lusso di un’uscita nelle sale. Il tipo di azione standardizzata che non possiamo fare a meno di amare. Claudia Cardinale, Jacques Perrin, l’Italia degli anni ’60 brilla ancora, torniamo ad essa, senza remore.

se estate violenta (Un bel titolo commemorativo, un circo non lo negherebbe) Prodotto un po’ prima, dimostra le stesse qualità, a cominciare da una perfezione melodrammatica che sembra introvabile al giorno d’oggi (secondo grado, il male dei nostri tempi?). Quindi il melodramma senza acqua di rose. Glorifica, per non esagerare il sentimento d’amore. Un’emozione semplice, inarrestabile che nasce dalla fluidità del testo, dal magnetismo degli attori (Trintignant, impeccabile), e dall’intelligenza del palcoscenico che gioca perfettamente con la profondità di campo ad indicare il desiderio iniziale. L’anno 1943 fu un’estate violenta. I venti della storia soffiano bene sui personaggi. Alla fine li farà solo esitare. La guerra, la lasceremo in secondo piano, si riaffermerà sempre: se non l’avessero inventata gli uomini, il cinema l’avrebbe fatto perché fornisce la cornice perfetta per una pausa improvvisa.

Alla fine dello spettacolo, l’atmosfera è cupa. Questa atmosfera da tarda festa, quando la musica è spenta, una vaga tristezza ci travolge. Volendo rimanere qualche minuto in più, molto semplicemente. Quando il cinema crea sentimenti di tale purezza, sprigiona questo: un lavoro brillante, un po’ ingenuo. Universal, come tutti i successi italiani dell’epoca.

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