“Un momento di vergogna”, secondo Papa Francesco

“Un momento di vergogna”, secondo Papa Francesco

Naturalmente, non c’era ancora una folla di grandi giorni, e domenica 25 aprile a mezzogiorno, c’era solo una manciata di credenti – poche dozzine al massimo – ad assistere alle preghiere degli angeli. Piazza Saint-Pierre, tappa di rito in primavera a causa dell’epidemia. Ma le poche parole che domenica scorsa papa Francesco ha pronunciato dal balcone del Palazzo Apostolico hanno avuto ancora un grande impatto, tre giorni dopo l’annuncio di una nuova tragedia al largo delle coste libiche, dove 130 migranti sono scomparsi in mare, dopo aver atteso invano. Aiuta.

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“Centotrenta migranti sono morti in mare. Queste sono persone. Questi sono spiriti umani che hanno chiesto aiuto per due giorni interi, invano. Aiuto che non è arrivato. Fratelli e sorelle, interrogiamoci tutti su questa innumerevole tragedia. Questa è un momento di vergogna Pregate per questi fratelli e sorelle e per tutti coloro che stanno ancora morendo in questi viaggi drammatici.

Un risoluto sostenitore dei diritti degli immigrati, Papa Francesco ha fatto della loro situazione un punto focale nel suo lavoro, sin dalla sua elezione nel marzo 2013. Attraverso un viaggio nell’isola italiana di Lampedusa, al largo delle coste africane, ha “iniziato” e non ha mai perso un’opportunità per ricordare all’Europa i suoi obblighi nei confronti dei richiedenti asilo. Così il Papa ha concluso il suo messaggio con queste parole: “Preghiamo anche per coloro che possono aiutare ma preferiscono distogliere lo sguardo. Preghiamo per loro in silenzio. »

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“Non è un incidente”

nave Ocean Viking Fu noleggiato dalla ONG umanitaria SOS Méditerranée, talmente lontano dall’area che era stata segnalata una barca in partenza dalla Libia la sera del 20 aprile, la mattina del 21 aprile, da un pescatore di Khums (un centinaio di chilometri) da Tripoli ). Quando arrivò lì, la nave di soccorso non trovò altro che detriti e alcuni corpi che galleggiavano sulla superficie.

Secondo un rapporto pubblicato il giorno dopo la tragedia dall’organizzazione non governativa Alarm Phone, che si occupa di raccogliere e passare le chiamate dalle barche colpite e sui social network, “Queste morti non sono un incidente.”. In altre parole: le vittime avrebbero potuto essere evitate e con piena cognizione di causa non si è tentato nulla, per diverse ore, di salvare i migranti colpiti.

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Dall’istituzione delle unità della Guardia costiera libica, finanziate dall’Unione Europea, e responsabili del monitoraggio delle acque internazionali al largo della costa libica, nel corso del 2017, la responsabilità di fornire assistenza alle imbarcazioni colpite ricade principalmente a Tripoli. L’area poi li restituisce a un “porto sicuro” ai sensi della legge del mare. I membri dell’organizzazione non governativa “Alarm Phone” hanno cercato di raggiungerli la mattina del 21 aprile, chiamando sei numeri di telefono in successione. Senza successo.

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