La sinistra italiana si mobilita a favore di Mimmo Lucano, figura nell’accoglienza degli stranieri

I fucilieri della cellula investigativa di Catanzaro (Calabria) hanno catturato Cosimo Damiano Gallace, 60 anni, la mattina del 7 ottobre, in un bunker nascosto dietro un falso tramezzo, in un appartamento situato a Isca sullo Ionio. Era latitante da anni, dopo una condanna a quattordici anni di carcere per associazione mafiosa.

Una settimana prima, non lontano da lì, un altro coetaneo era stato condannato ad una pena analoga (tredici anni e due mesi di reclusione) dal tribunale di Locri, per una ventina di capi d’accusa tra cui associazione per delinquere, peculato e abuso di potenza. Il suo nome: Mimmo Lucano, già sindaco del piccolo comune di Riace, sulle rive del Mar Ionio. Questo “sindaco dei migranti” aveva acquisito notorietà mondiale istituendo, nel corso degli anni 2010, un originale modello di accoglienza che aveva permesso di ridare un po’ di vita ad un luogo in fase di desertificazione (il comune di Riace aveva, nel 2018 , più di 600 migranti tra i suoi 2.000 residenti).

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Parallelo con un boss mafioso

Questo parallelismo tra i due uomini, condannati a una condanna quasi simile per fatti di gravità difficilmente paragonabile, ce l’ha il grande scrittore Sandro Veronesi, coronato da due premi Strega (l’equivalente italiano di Goncourt). effettuata la sera del 7 ottobre, nel corso di una manifestazione di solidarietà che ha riunito alcune centinaia di persone nel centro di Roma, davanti alla sede della Camera dei Deputati italiana. L’annuncio dell’esito di questo processo, giovedì 30 settembre, ha subito provocato una forte mobilitazione della sinistra, oltre che di buona parte dell’episcopato italiano. Più che la condanna in sé, essendo stata riconosciuta dall’imputato parte delle accuse a carico di Mimmo Lucano, è la sua natura sproporzionata rispetto alla natura dei reati perseguiti che viene denunciata.

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“Non è l’accoglienza in sé che è stata condannata, ma la violazione delle norme e delle leggi”, fornito giornalmente La Repubblica il pubblico ministero Michele Permunian, che durante il processo aveva chiesto una condanna a sette e undici mesi di reclusione per spiegare perché il giudice avesse superato i suoi cinque anni di requisizione. Per lui è il risultato di “Un procedimento molto tecnico, che l’opinione pubblica non vuole capire”. Mimmo Lucano, sostiene, era “Come un bandito western, idealista, intossicato da un ruolo più grande di lui”. Liberandosi dalle regole in atto per dare vita a quello che i media di tutto il mondo hanno definito un “modello”, l’ex sindaco ha quindi meritato di essere condannato, e cioè la semplice somma dei reati da lui commessi che hanno portato a un totale pesante.

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