Neuroscienze contro il dolore cronico: un lavoro rivoluzionario potrebbe portare a nuove terapie

Neuroscienze contro il dolore cronico: un lavoro rivoluzionario potrebbe portare a nuove terapie

Una donna si muove lungo i corridoi di un EHPAD.

Una donna si muove lungo i corridoi di un EHPAD.

©Stephane de Sakotin/AFP

Un’epidemia silenziosa

I ricercatori dell’Università della California hanno, per la prima volta, ottenuto informazioni sull’attività cerebrale durante gli episodi di dolore cronico.

Atlantico: dis Gli scienziati hanno fatto grandi progressi Ottenendo, per la prima volta, informazioni sull’attività cerebrale durante gli episodi di dolore cronico. Quanto è importante questa scoperta per le persone con dolore cronico? Quali lezioni possiamo imparare da questo?

Christopher De Jaeger: Il dolore neuropatico può essere molto grave e resistente alle terapie del dolore convenzionali. Quindi è una situazione molto difficile per i pazienti. Questo team di ricercatori si è preso cura di quattro pazienti, uno dei quali aveva subito un’amputazione, e ha impiantato in loro degli elettrodi in diverse regioni del cervello, in particolare nella corteccia cingolata anteriore e nella corteccia orbitofrontale. Successivamente, hanno chiesto ai pazienti di attivare un dispositivo di registrazione quando sentivano dolore. Questo approccio ha permesso loro di correlare e identificare le manifestazioni elettriche corticali correlate al dolore. Uno dei primi vantaggi di questa scoperta è la creazione di un marcatore oggettivo del dolore.

Perché è necessario stabilire un punteggio oggettivo per il dolore?

Il dolore è, per sua stessa natura, una cosa soggettiva. Alcune persone descrivono il dolore insopportabile della stessa patologia, mentre altre sembrano più resistenti. Dipende da molti fattori come l’età o anche le influenze culturali. La percezione del dolore è in realtà un’interpretazione fatta dal cervello. Di solito, utilizziamo la scala VAS per valutare il dolore da 1 a 10. Tuttavia, è noto che questo rimane altamente soggettivo. Pertanto, l’interesse di questo lavoro è quello di identificare un segnale oggettivo, tangibile, che non dipende dall’interpretazione individuale. Il secondo vantaggio è l’identificazione di elementi nelle registrazioni corticali che possono annunciare l’insorgenza e l’intensità del dolore, aprendo così la strada all’attuazione di strategie terapeutiche preventive. L’obiettivo futuro è ridurre o eliminare il dolore stimolando aree specifiche del cervello.

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In che misura l’impianto di dispositivi basati su elettrodi può aiutare la medicina nel trattamento del dolore?

Il dolore è una vera e propria disabilità per chi ne soffre. Inoltre, ci sono diversi tipi di dolore: arterioso, dolore associato al cancro e così via. Molte persone possono trarre beneficio dall’impianto di elettrodi nel cervello per neutralizzare questi dolori, perché molti pazienti non trovano adeguato sollievo con le terapie farmacologiche, che possono portare anche ad effetti avversi. Pertanto, trovare un modo per lavorare direttamente sui centri del dolore potrebbe essere una pista molto interessante. Tuttavia, il metodo di impiantare gli elettrodi nel nucleo della corteccia cerebrale rimane complesso e siamo ancora agli inizi della riflessologia. Ora sarà necessario testare più pazienti con altri tipi di dolore. Oggi l’obiettivo è quello di esplorare il funzionamento cerebrale studiando l’evoluzione di diversi spettri al fine di comprendere meglio i meccanismi neuronali cerebrali coinvolti.

Le sfide attualmente consistono nell’impiantare gli elettrodi nel posto giusto evitando il rischio di infezione. È inoltre essenziale che questi elettrodi rimangano in posizione senza mettere in pericolo il paziente. Non è possibile che domani migliaia di persone indosseranno tali dispositivi, anche se ne varrebbe la pena se fosse l’unico modo per sbarazzarsi veramente del dolore debilitante.

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