Il cane della vita – Liberazione

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L’apogeo del neorealismo, il film che il maestro italiano ha preferito portare nelle sale, sessant’anni dopo che una violenta campagna politica ne aveva sabotato l’uscita.

Nell’Italia del dopoguerra, un funzionario pubblico in pensione cerca di mantenere la sua dignità nonostante la sua magra pensione e le minacce di sfratto dalla sua padrona di casa. Come il suo cognome ridotto a un nome, Umberto D si prepara a perdere quel poco che gli è rimasto, tranne l’amore per il suo cane. Ci vuole tutto il genio del duo Vittorio De Sica Cesar Zavatini per trasformare questo racconto oscuro in un film dalle luci strepitose, climax e fascino del nuovo realismo. dopo, dopo I bambini ci stanno guardando (1944), sibilo (1946) o ladro di biciclette (1948), e prima di dedicarsi al fumetto italiano, qui De Sica ha proseguito la sua proficua collaborazione con il teorico e padre fondatore di Nuovo realismo. Quindi è ancora Zavatini a firmare un copioneUmberto D. Un film con amara chiarezza che segue le orme di un ex dipendente del Ministero dei Trasporti Pubblici in preda alla miseria e alla solitudine.

Abbassato la piccola borghesia

Alla bellissima scena iniziale, un corteo di grandi signori in eleganza e rabbia, che chiedono con una sola voce un aumento delle pensioni. Ma non appena la manifestazione viene brutalmente dispersa, ogni rappresentante di questa piccola borghesia sbriciolata, spacciata e atomizzata…

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About the Author: Drina Lombardi

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