Decrittazione- Chi sono i mafiosi più ricercati in Italia?

Decrittazione- Chi sono i mafiosi più ricercati in Italia?

**Hanno tenuto con il fiato sospeso la polizia italiana per molti anni. Dopo l’arresto nel gennaio scorso del siciliano Matteo Messina Denaro, latitante da 30 anni,**ecco i quattro uomini più ricercati dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale. La loro pericolosità è definita “massima”. Tutti appartengono a organizzazioni mafiose.

Attilio Cubeddu, dell’organizzazione sarda Anonima sequestri

Quest’uomo di 76 anni fa parte dell’organizzazione criminale sarda Anonimi sequestri, che come suggerisce il nome è specializzato in rapimenti a scopo di riscatto.

È ricercato dal 1997, per non essere tornato in carcere al termine di un congedo. È stato condannato per sequestro di persona, omicidio e lesioni personali gravi. Nel 1998 è stato emesso un mandato d’arresto internazionale in vista di una possibile estradizione.

Nei primi anni ’80 ha preso parte a famosi rapimenti come quello di Cesare Peruzzi in Toscana e quelli di Ludovica Rangoni Machiavelli e Patrizia Bauer in Emilia-Romagna.

Fu arrestato nel 1984 a Riccione. Ottiene il congedo 13 anni dopo e ne approfitta per scappare.

Secondo un’ipotesi mai confermata, Attilio Cubeddu potrebbe essere morto, ucciso da un altro membro della sua organizzazione. Secondo un’altra teoria, sarebbe ancora in Sardegna.

Renato Cinquegranella, camorrista napoletano

Un altro latitante nella lista dei più ricercati d’Italia è Renato Cinquegranella, 73 anni, latitante da 19 anni. Apparteneva al Nuova Famiglia, la “federazione” dei clan della Camorra che negli anni ’80 ha intrapreso una feroce guerra contro Nuova camorra organizzata (Nco) di Raffaele Cutolo. Obiettivo: controllare le attività criminali a Napoli. A lui viene attribuito uno degli omicidi più efferati e simbolici avvenuti durante questi scontri: quello di Giacomo Frattini, detto “bambulella”, esponente della sottufficiale.

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Cinquegranella è anche accusato di aver avuto un ruolo nell’assassinio di Antonio Ammaturo, il poliziotto ucciso a Napoli il 15 luglio 1982 dalle Brigate Rosse. Secondo la tesi dell’accusa che indaga sull’omicidio, sarebbe stato lui a fornire supporto logistico al gruppo terroristico che ha compiuto l’agguato.

È ricercato dal 2002 per associazione a delinquere di tipo mafioso, associazione a delinquere finalizzata all’omicidio, detenzione e porto abusivo di armi ed estorsione. Dal 2018 le ricerche sono state estese a livello internazionale.

Giovanni Motisi, vicino allo storico leader di Cosa Nostra

Questo palermitano di 63 anni, soprannominato u’ pacchiuni per la sua stazza (in dialetto significa “paffuto”), ha fatto molto parlare nelle ultime settimane come potenziale nuovo leader di cosa Nostra in Sicilia dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro.

Tuttavia, come ha spiegato il procuratore generale di Palermo Maurizio De Lucia, la mafia siciliana da tempo non ha un capo unico. Nemmeno Messina Denaro, che svolse un ruolo importantissimo nel suo trapanese. Dall’arresto di Totò Riina nel 1993 la commissione di Cosa Nostra non si è riunita, sebbene formalmente esista.

Giovanni Motisi non è quindi il capo di Cosa Nostra, ma è sicuramente un mafioso molto importante. È ricercato dal 1998 per omicidio, associazione mafiosa e strage. Dal dicembre 1999 sono state avviate anche ricerche internazionali. Motisi è stato uno degli uomini più vicini a Totò Riina. Autore di diversi omicidi, fu, secondo gli inquirenti, uno degli organizzatori dell’assassinio del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa. L’ultima immagine conosciuta di lui risale al 1999, quando partecipò alla festa di compleanno di sua figlia. Non abbiamo più avuto sue notizie da allora.

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Pasquale Bonavota, esponente di spicco della ‘Ndrangheta

L’ultimo dei quattro latitanti italiani più ricercati è Pasquale Bonavota, 49 anni, nato a Sant’Onofrio, in provincia di Vibo Valentia. Fa parte del ‘ndrangheta e più precisamente del clan Bonavota, da sempre in guerra con la famiglia Petrolo-Bartolotta del comune di Stefanaconi, che i giornali chiamavano negli anni ’90 i Corleone di Calabria. Il 6 gennaio 1991 un gruppo della famiglia Petrolo-Bartolotta sparò con pistole e kalashnikov in piazza Sant’Onofrio uccidendo due persone e ferendone undici. È ricordato in Italia come la Strage dell’Epifania.

Pasquale Bonavota è dunque cresciuto in una famiglia decisa a vendicare questo attacco al proprio territorio. Diventa in breve tempo il capofamiglia e viene descritto da Marisa Manzini, sostituto procuratore di Catanzaro, come “una persona che unisce due volti criminali: da un lato, quello di andranghetista” all’antica, cresciuto in un clan che ha fatto delle dinamiche violente il leit motiv della sua vita, e dall’altro quello della prole che intende estendere la sua presenza oltre i limiti territoriali del suo comune“.

Bonavota ha investito ingenti capitali a Roma per acquistare aziende che, nel tempo, sono diventate, secondo il magistrato, “veri e propri centri di narcotraffico”. È ricercato dal 2018 per associazione di tipo mafioso e omicidio aggravato in concorso.

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