“Una frase emozionante, è la nostra piazza Fontana” – Corriere.it

Non è mancato nemmeno a una di quelle 150 udienze, mamma Daniela. Dodici anni di doppia tortura. Perché dopo aver assistito all’agonia della figlia Emanuela, 21 anni, morta dopo quarantadue giorni di indicibili sofferenze, aveva sperato che presto arrivassero giustizia e verità. Ad ogni processo, prima a Lucca e poi a Firenze per l’appello, portava l’uncinetto come una penelope dolorosa senza tela. Anche lei sperava di non finire mai quel lavoro, per non far passare altro tempo ma per far arrivare al più presto l’ultima frase, quella che lei chiama di verità e giustizia.

il messaggio

Ieri mattina Daniela Rombi, 62 anni, era davanti al Palazzaccio della Corte di Cassazione a Roma (aveva deciso di essere presente anche alla prima udienza per contestare la serrata) per quello che, come sperava, sarebbe stato l’ultimo atto di una viaggio molto doloroso. Ma poco prima delle 15:00, sul suo telefono è arrivato un messaggio dell’avvocato. la frase, la frase, grida e legge quel testo sintetico davanti a tutti. L’omicidio prescritto perché non è stata riconosciuta l’aggravante dell’infortunio sul lavoro – dice incredula -. Per Moretti ed Elia (gli ex dirigenti di Ferrovie ed) annullamento con rinvio per reato di disastro ferroviario per rideterminare alcuni elementi della colpa.

Mondo sottosopra

Si ferma un attimo, mamma Daniela, sembra sbalordita. Ma poi questo significa che nessuno è stato ucciso – dice scuotendo la testa – perché è prescritto l’omicidio colposo. Allora devono salvarli tutti. E questo processo non finirà mai. Si ferma ancora a pensare e sembra ancora voler combattere. Non ci fermiamo, continuiamo a combattere – dice -. I nostri cari sono stati uccisi ancora una volta e non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. Questa è una frase inquietante, che dimentica tutto ciò che è stato detto e dimostrato in due livelli di giudizio. Sono incredulo, mi sembra che la verità sia diventata fantasia e che il mondo sia capovolto. Quindi legge di nuovo il messaggio sul suo smartphone. Non hanno riconosciuto l’infortunio sul lavoro e quindi hanno permesso di prescrivere l’omicidio colposo – prosegue – e questo è un grande dolore per una madre, sto rivivendo la tragedia della morte di Emanuela, mia figlia.

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Massacri e giustizia

Ha le lacrime agli occhi, ma la stessa voglia di combattere. Questi dodici anni sono stati un peccato e la nostra storia sta diventando come le stragi di Bologna, di piazza Fontana, del Moby Prince. Nessuno da incolpare ei tempi si allungano ancora. Ma non mi arrendo, i parenti delle vittime non si arrenderanno mai. La nostra battaglia continuerà, più forte di prima, con maggiore determinazione e desiderio di arrivare finalmente alla verità. Non cerchiamo vendetta, non abbiamo nemmeno tempo per queste cose. Vogliamo solo che quello che è successo ai nostri cari non accada mai più. Daniela vede gli avvocati lasciare il tribunale. La rabbia e la disperazione non possono più essere contenute. Dimmi che non è vero, singhiozza agli avvocati che cercano di rassicurarla, abbraccia l’avvocato Marzaduri. Enrico no, dimmi che non è vero, urla disperato.

Continueremo la battaglia

Allo stesso tempo, a trecento chilometri di distanza, nella sede della Croce Verde a Viareggio, ci sono altre persone disperate. Sono familiari, amici e parenti di altri massacri che seguono gli eventi con una diretta interattiva su Internet. A coordinare il gruppo è Marco Piagentini, presidente dell’associazione dei parenti delle vittime di Viareggio, che ha perso la moglie e due figli piccoli nel disastro. Non c’è stato il coraggio di convalidare l’operato di magistrati coraggiosi che si sono espressi in primo e secondo grado con frasi giuste, commenta Piagentini. Domani (oggi ed) conferenza stampa con i nostri legali, cercheremo di capire cosa è successo e poi continueremo a chiedere giustizia e verità. Non ci arrenderemo mai, te lo giuro.

8 gennaio 2021 (modifica l’8 gennaio 2021 | 22:41)

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