Si alzano le voci in Italia per difendere Battisti, nel peggiore dei casi in un carcere jihadista

Al ventesimo giorno di sciopero della fame, Cesare Battisti ha perso dieci chili. Un uomo molto debilitato si è quindi recato mercoledì 23 giugno, alle ore 11, supportato da una guardia, in sala visite per la sua ora settimanale di conversazione su WhatsApp. Aveva appuntamento con la figlia maggiore, Valentine, che di recente ha spiegato a “l’Obs” quanto l’isolamento e la solitudine siano diventati per il padre, che da mesi gli gira in testa e pochi metri quadrati, un tormento spaventoso al punto che la morte gli sembra più invidiabile.

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Imprigionato dalla fine della sua corsa nel gennaio 2019 sotto un regime “AS2″ riservato ai terroristi, l’ex PAC (Proletari armati per il comunismo, gruppo di estrema sinistra italiana attivo dal 1976 al 1979), ha continuato ad ”aspettare la revoca del questo statuto con dure condizioni di reclusione. Vorrebbe lasciare Rossano, una fortezza per prigionieri jihadisti piantata in un angolo sperduto della Calabria, dove è stato portato a settembre, e scontare la sua pena in un carcere “normale”.

Con la possibilità della sua morte, il silenzio che circonda la sua detenzione si incrina e persino gli ignari osservatori di affinità con il personaggio sono imbarazzati. Mattia Feltri, direttore di “Huffpost Italia”, editorialista de “la Stampa”, ha fatto le domande imbarazzanti il ​​18 giugno in una nota sorprendente intitolato « Bracconieri” :

“Cesare Battisti, la preda accanto alla quale gli allora ministri, Alfonso Bonafede e Matteo Salvini, hanno scattato una foto ricordo, come dei bracconieri che mettono gli stivali su un leone scuoiato, è in sciopero della fame da undici giorni e ha deciso di continuare fino alla morte (…) Sono due anni, secondo il suo avvocato, che dovrebbe andare alla dieta ordinaria, ma non importa a nessuno.Da due anni, contro ogni legge e ogni logica, lo stato italiano sembra preso non da un’emergenza di giustizia ma un’urgenza di vendetta. Nulla giustifica il regime di alta sorveglianza per un quasi settantenne condannato all’ergastolo per omicidi commessi più di quarant’anni fa. Ma invocare il diritto di giustizia e dignità per un uomo odiato da tutti sembrano un po’ troppo ambiziosi. “

E l’editorialista d’accordo con gli intellettuali francesi che da tempo si oppongono alle estradizioni in Italia:

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” La costituzione garantisce diritti a tutti ma l’Italia preferisce garantirli a chi ci sta simpatico, e applica la Costituzione alla testa del cliente. Ricordo tutte le parole di indignazione (…) agli appelli degli intellettuali francesi, questa sinistra detta “caviale” che si oppose energicamente all’estradizione, e ancora oggi si oppone a quella degli altri. ex terroristi perché ritiene che la nostra giustizia non sia all’altezza dello stato di diritto. Eravamo lì, eravamo indignati, ma avevano ragione. “

Il giorno dopo, Michele Serra, autorevole penna de “la Repubblica”, il secondo quotidiano italiano (centro-sinistra), ha approvato ” parola per parola “ quello che ha letto su “la Stampa”:

“La ‘cerimonia’ di consegna di Battisti ai ministri Salvini e Bonafede è una delle pagine più sgradevoli, e più ridicole, del governo gialloverde (alleanza del Movimento 5 Stelle e della Lega. NdR), quindi doppiamente populista. quadrato repressivo. Ci chiediamo, dopo che il cambio di inquilino a Palazzo Chigi (sede della presidenza del Consiglio, ndr) è stato salutato come la rivincita dei Lumi sulle tenebre, se qualcuno vorrà prendere atto del fatto che un quasi settanta -anni, assassino a vent’anni, non è un pericolo pubblico, né un trofeo politico da esibire all’estremità di una picca. “

Da allora Rai 3, cuginetta italiana di France Culture, ha lanciato il dibattito in “Tout la città ne parla”, uno show mattutino molto seguito. Tra gli ospiti, Roberto Della Rocca, presidente dell’Associazione Italiana Vittime di Terrorismo, ha ricordato che il detenuto è stato condannato e ” le sue condanne confermate da sei giurisdizioni”. Ha riso “Coloro che sostenevano che Battisti non avesse niente a che fare con i quattro omicidi ». Ma è stato molto chiaro:

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“Per la nostra associazione non si è mai trattato di applicare la legge, non di vendetta. “

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