“Hello Han”: Jerzy Skolimowski con il suo asino

“Hello Han”: Jerzy Skolimowski con il suo asino

Basta cercare un ospite a sorpresa alla 75a edizione del festival. All’età di 84 anni, Jerzy Skolimowski, capo della New Wave polacca negli anni ’60, esiliato negli anni ’70, e poi ritiratosi volontariamente dal cinema dall’inizio degli anni ’90 alla fine degli anni 2000, è tornato a competere con un nuovo film, ” Ciao Han”, cosa che non si aspettava. Nessuno.

Come sempre da quando è tornato a lavorare nel 2008 con “Four Nights with Anna”, il regista dei memorabili “Deep End” (1970) e “Black Work” (1982) firma un romanzo indimenticabile, diverso da tutto ciò che si conosce nel film scena. . Dopo “Essential Killing” (2011) e “11 Minutes” (2015), Skolimowski torna in disparte con “Hi-Han”, che viene misteriosamente presentato come una libera rilettura di “Au random Balthazar” di Robert Bryson.

all’altezza del culo

In questo film quasi privo di dialoghi, ma ossessionato da musiche onnipresenti e spesso assordanti, Skolimowski prende il punto di vista dell’asino, il suo personaggio principale, le cui avventure lo spettatore segue in Polonia e in Italia. Liberato da un piccolo circo da un gruppo di attivisti nella guerra allo sfruttamento animale, scopre il cosiddetto Hi-Han, che ha le formiche nelle gambe, e continua a fuggire dai luoghi in cui risiedeva temporaneamente, scopre a sua volta un allevamento di cavalli abitato da eleganti cavalli, un villaggio che è diventato la mascotte della squadra di calcio locale prima di essere vessato da una banda di piantagrane e persino una tenuta italiana dove regna una misteriosa contessa (interpretata da Isabel Hubert). ci siamo riusciti…

Una sorta di ‘viaggio cinematografico’ che nasce dall’esperienza sensoriale, hai han, attraverso scenette poetiche a volte raccapriccianti, mira, al culmine di un innocente asino, a glorificare la bellezza della natura, mostrando qualche aspetto di follia distruttiva. degli uomini. Questa fantasia inquietante e asimmetrica, da qualche parte tra l’elogio lirico per la bellezza degli animali alla Bartabas e un racconto metafisico alla Terrence Malik, evoca l’ispirazione formale di Skolimowski. Tuttavia, rischia solo di sedurre completamente gli ammiratori incondizionati del suo autore.

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