«Uno spettacolo degno di Milano» – Corriere.it

Il venti / venti è un paio di quei numeri che rimarranno nella tua memoria, come l’11 settembre, una di quelle serie di numeri che non vorresti mai lasciare sulla ruota della storia. Per la Scala il 20/20 sarà l’anno della “prima” senza opera e con uno spettacolo interamente pensato per la televisione (in versione interamente registrata), evento che la famiglia Scala definisce di successo, ma che nessuno pensa può diventare un “modello” per la musica lirica. Nel giorno in cui il sindaco Giuseppe Sala, presente in teatro, ha ufficializzato la sua rinomina, è partito il racconto musicale diretto da Riccardo Chailly e ideato da Davide Livermore trasmesso da Raiuno (prodotto da Raicultura e presentato da Milly Carlucci e Bruno Vespa) con un omaggio alla Milano moderna, vista dall’alto di notte e priva di traffico per via del blocco. E si è conclusa allo stesso modo con un altro tributo, con quelle incredibili immagini dei droni che hanno fatto esclamare Giorgio Armani: Uno spettacolo degno di Milano

Poi sono comparsi gli operai dai palchi per cantare l’inno di Mameli. Tra i protagonisti c’è chi, come Domingo, ha lasciato quasi subito la Scala per volare a San Pietroburgo, dove Nabucco ha il 10 °. Per lui era il 51 ° anno di Scala e il nono “primo”. È stata un’esperienza unica nella mia vita e spero che rimanga tale, fidati prima di partire. È stato un onore cantare con i colleghi, ma noi cantanti abbiamo bisogno di applausi e il pubblico vuole essere qui con noi. Altri cantanti, come Vittorio Grigolo, Francesco Meli o Eleonora Buratto hanno seguito la serata dai monitori della Scala. Il sovrintendente Dominique Meyer rinchiuso nel suo ufficio. Le arie d’opera hanno preso il via con Il Rigoletto di Luca Salsi su una scalinata davanti allo scheletro piranesiano di un edificio isolato. Ludovic Tzier canta da Don Carlo vicino a una vecchia carrozza ferroviaria tra il filo spinato, ricordando le immagini dei deportati. Il palcoscenico diventa una piscina con Reign in silence di Lucia di Lammermoor, cantata da Lisette Oropesa, l’opera che avrebbe dovuto essere messa in scena. Sullo sfondo tanta neve, nebbia, fumi ma anche cartoline dall’Italia con Cinecitt, San Pietro, Castel Sant’Angelo, tante citazioni di Fellini (soprattutto in Una furtiva lacrima cantata da Florez) e solo Made in Italy nel abiti di cantanti e attrici firmati da vari stilisti.

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Il balletto di Roberto Bolle è tecnologico su un mosaico di Erik Satie. La conclusione è stata affidata al cambio Tutto del Guglielmo Tell di Rossini, un inno alla vita che rinasce. È stato uno spettacolo molto emozionante per tutto il mondo dell’opera che ha voluto essere con noi, dice soddisfatto Meyer, mentre Livermore ha definito questa Prima come un atto di militanza per ricordare che questo è il luogo dove le persone hanno capito di essere cittadini. Dobbiamo ricominciare dall’arte. E l’intero arco costituzionale deve capire che questa è la prima società del paese. Tornando a Meyer, ma spera che non diventi un modello perché l’opera ha bisogno di un pubblico. Sulla stessa linea il direttore Riccardo Chailly: Se l’orchestra non fosse stata addestrata e abituata al mio gesto, e se i brani non fossero quelli di una tradizione trasmessa anche oralmente, non avremmo potuto fare questo spettacolo. Soddisfatto ma lascia poco margine all’idea che quello che abbiamo visto stasera possa diventare un cartellone alternativo: è stata un’avventura da una parte straordinaria dall’altra talmente complicata da realizzare che spero rimanga unica. Spero di tornare a fare musica nel modo giusto. I tenori Vittorio Grigolo e Francesco Meli rivelano che ogni aria è stata cantata più volte e poi è stata scelta la migliore. Per Grigolo la regia è stata brillante.

7 dicembre 2020 (modifica il 7 dicembre 2020 | 20:55)

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