Morto Kim Ki-duk di Covid-19, cult director coreano con “Iron 3-The empty house” – Corriere.it

Morto Kim Ki-duk di Covid-19, cult director coreano con “Iron 3-The empty house” – Corriere.it

A soli 59 anni è morto improvvisamente a Riga, in Lettonia, il famoso regista sudcoreano Kim Ki-duk, autore di molti film cult, conosciuto ai festival, vincitore del Leone d’oro a Venezia nel 2012 con Piet, poi del Pardo a Locarno con il suggestivo Primavera estate autunno inverno… nel 2003 (racconto del passare del tempo e della vita in un eremo buddista). Infine con Samaria nel 2004, storia di una prostituzione minorile, è stato premiato come miglior regista al festival di Berlino, a conferma della sua vena introspettiva mai disgiunta dalle condizioni politiche. È arrivato, annuncia il sito lettone Delphi.it, il 20 novembre in Lettonia dove voleva comprare una casa sul Mar Baltico, ma poi ha perso i contatti. La sua prima dichiarazione è stata nel 2004 a Venezia, rivelazione con Ferro 3 , il film d’azione sui furti e un’anima tutta interiore sulla solitudine che ha conquistato il pubblico vincendo il Leone d’argento alla Biennale.

Formazione a Parigi

Kim Ki-duk è nato il 20 dicembre 1960 a Bonghwa, in Corea del Sud ea 9 anni si è trasferito a Seoul dove ha studiato per diventare contadino ma in seguito ha preferito arruolarsi nell’esercito anche per aiutare la sua famiglia: sarà un’esperienza fondamentale per il suo modo di vedere il cinema e la vita stessa. Poi, come accade, la passione per l’arte lo porta a Parigi che lo accoglie e lo nutre come ha fatto con generazioni di bohémien. Qui inizia da autodidatta a scrivere storie per il cinema (nel 95 ottiene il premio Korea film commission) ma nel 96 diventa Ag- il suo primo film molto controverso su cosa si cela dietro l’apparente prosperità della Corea neocapitalista. In cinque anni ha realizzato otto film nello stile del paese (vedi Parassita di Bong Joon-ho, un grande successo in Italia), scatena rabbia e violenza ma incanalandole nello studio delle relazioni umane e così facendo equipara il dramma al thriller, la psicologia al crimine e guarda anche alle tragedie con ironia.

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La battuta d’arresto

L’isola

nel 2000 ne fa un regista atteso ai festival, un amante del silenzio invece del rumore, una voce coreana che è impossibile non sentire, non ascoltare, non approfondire; seguono Bad guy e L’arco, Soffio e Time fino a una battuta d’arresto per una grave crisi esistenziale dal 2008 al 2011, dopo aver dimostrato l’energia rabbiosa che lo rende un nome di riferimento nel cinema asiatico. Nel 2012 con Michelangelo Piet ritorna e vince il Leone d’Oro a Venezia, dove sarà presente anche lui Il prigioniero coreano nel 2017, una storia politica e persino poetica di idealismi opposti nella figura quasi simbolica di un giovane pescatore.

11 dicembre 2020 (modifica l’11 dicembre 2020 | 13:27)

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