La Via Lattea: una composizione eterogenea

La Via Lattea è confusa male? I modelli finora utilizzati consideravano che i vari elementi chimici che compongono la galassia vi siano distribuiti in maniera abbastanza armoniosa, e che il Sole ne sia un campione molto rappresentativo. In particolare, il contenuto di “metalli”, elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, è coinvolto in molti processi astrofisici e si presume che sia abbastanza uguale in tutta la galassia. Ma Annalisa De Cia, dell’Università di Ginevra, ei suoi colleghi, hanno osservato la vicinanza di molte stelle e hanno notato la presenza di minerali in proporzioni molto più eterogenee del previsto.

La Via Lattea è costantemente rifornita di gas dallo spazio intergalattico: idrogeno ed elio, i due elementi chimici più leggeri. Questi elementi si condensano in stelle e vi si fondono, dando origine a elementi più pesanti. Non appena la combustione della stella è completa, esplode ed espelle parte della sostanza creata attorno ad essa. Questa miscela, che contiene ferro, carbonio o silicio, arricchisce la formazione delle successive generazioni di stelle o si trova sotto forma di gas o polvere nelle regioni fredde della galassia.

Nei modelli attuali, il gas nativo composto da idrogeno, elio, gas arricchito di metalli e polveri è distribuito nella Via Lattea in maniera abbastanza omogenea, con una composizione minerale molto vicina al Sole, un contenuto chiamato “metallizzazione solare”. La concentrazione di metalli sarà leggermente più alta al centro della galassia, dove la densità delle stelle è maggiore.

Annalisa De Cia e i suoi colleghi, compresi gli astronomi dell’Istituto di Astrofisica di Parigi, hanno valutato questo contenuto di minerali osservando gas vicino a 25 stelle entro un raggio di 3 kiloparsec attorno al Sole (circa 10.000 anni luce). La presenza di sei elementi chimici più pesanti dell’elio (silicio, titanio, cromo, ferro, nichel, zinco) è stata misurata mediante spettroscopia utilizzando un telescopio spaziale. Hubble e via VLT (telescopio molto grande), in Cile. Questa tecnica permette di scomporre la luce per vedere tracce degli elementi che compongono gli oggetti su cui è passata, in questo caso le nubi di gas situate tra le stelle e l’osservatore. Questa misurazione non ha tenuto conto della polvere, ma i ricercatori hanno sviluppato un nuovo metodo per valutare anche la composizione di questa polvere.

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I loro risultati contraddicono l’idea della Via Lattea in cui diverse specie chimiche si mescolano in modo omogeneo. L’eliometallismo, lungi dall’essere uno standard, sarebbe stato raggiunto solo in un terzo degli ambienti stellari osservati. Il contenuto di minerali è addirittura del 17% del sole metallico in alcuni casi e quasi il doppio in alcune aree. E questo indipendentemente dall’età delle stelle, sono tutte in una regione relativamente vicina al Sole. Come si spiegano tali differenze in una piccola regione della galassia? Quando il gas intergalattico (basso metallico perché non è stato in contatto con le stelle) entra nel disco della Via Lattea, la rotazione e la turbolenza che possono garantire una miscela omogenea appaiono inefficaci e la variabilità rimane viva.

Questa scoperta solleva interrogativi sulle attuali conoscenze sulla formazione e l’evoluzione delle galassie. Vanno quindi rivisti i modelli di evoluzione che facevano l’ipotesi semplicistica di una composizione chimica omogenea: le stelle, ma anche i pianeti, possono formarsi contemporaneamente con composizioni chimiche completamente diverse.

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