Italia: dietro la caduta di un padrino, la lunga lotta alle mafie

Italia: dietro la caduta di un padrino, la lunga lotta alle mafie

L’arresto il 16 gennaio di Matteo Messina Denaro dopo trent’anni di latitanza fa luce sulla complicità di cui ha potuto beneficiare all’interno della società italiana e sull’entità del compito che deve affrontare la criminalità organizzata nella penisola.

Olivier Bonnel – Città del Vaticano

Le immagini hanno fatto il giro del mondo: quelle di un uomo, berretto in testa che indossa un cappotto di pelle, inquadrato da due carabinieri che lo fanno salire su un furgone. Il 16 gennaio Matteo Messina Denaro è stato arrestato in una clinica di Palermo. L’uomo era l’ultimo grande boss mafioso di Cosa Nostra, la mafia siciliana, direttamente coinvolto nei sanguinosi attentati degli anni ’90, che costarono in particolare la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La corsa di “U Sicu”, “il magro” come era soprannominato, si è conclusa dopo 30 anni di latitanza, con grande sollievo dell’Italia.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è subito recata a Palermo per congratularsi con carabinieri e magistrati, responsabili della cattura del boss, salutando “una grande vittoria” per lo Stato italiano.

Ma questo innegabile successo della lotta antimafia in Italia fuga gli interrogativi? Don Luigi Ciotti, sacerdote e fondatore dell’associazione antimafia libera, ha reagito spiegando che questi trent’anni di sparizioni erano stati consentiti dal substrato politico italiano, dando la misura del compito che resta da compiere per sradicare la criminalità organizzata. Che forme ha la mafia siciliana, ma anche le altre mafie oggi? Possiamo dire che l’arresto di Denaro segna la fine di una “mafia all’antica”? L’illuminazione di Charlotte Moge, direttrice del Diploma Universitario sulla lotta alla criminalità mafiosa presso l’Università Jean Moulin Lyon 3.

Charlotte Moge, specialista di mafia

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Bisogna sempre stare attenti a questa definizione di “mafia vecchio stile”, perché può implicare che sarebbe meno pericolosa. Se Matteo Messina Denaro è riuscito a restare latitante per così tanto tempo, è anche perché è riuscito a trasformare le sue attività. È quasi una mafia 2.0 visto che è riuscita a investire in nuovi campi. Era piuttosto visionario essendo uno dei primi a investire nelle energie rinnovabili, nelle turbine eoliche. Quindi non è affatto “vecchio stile”, diciamo, in termini di investimento economico.

Ora è vero che è stato l’ultimo a piede libero di questa fazione dei Corleone, quelli che hanno preso il potere negli anni ’80 e hanno dato vita a quella che viene chiamata la stagione degli omicidi, nel 1992 e nel 1993 in particolare, con bombe sul continente che hanno anche fece vittime, in particolare un’intera famiglia a Firenze.

Don Luigi Ciotti, sacerdote e fondatore dell’associazione antimafia Libera, ha spiegato che i 30 anni di fuga di Matteo Messina Denaro erano stati favoriti dal sistema politico italiano. Che cosa intende?

Vuole dire che negli anni ’90, quando ci furono gli attentati a Falcone e Borselino, nel 1992, fu anche l’anno dell’operazione mani Pulite, l’anno in cui furono sciolti quasi tutti i partiti nati dalla Resistenza nel 1946-1947. Il che significa che dal 1994 compaiono nuovi attori politici. La mafia aborrisce il vuoto, e con il crollo del suo partner storico, che è stata la Democrazia Cristiana, ha necessariamente rinnovato i suoi contatti in politica. Tutti i sondaggi hanno mostrato che il nuovo interlocutore privilegiato era il partito Forza Italia. Marcello Del Utri, braccio destro di Silvio Berlusconi, aveva stretto legami con le famiglie palermitane, quelle rimaste dei Corleone. E quindi supponiamo che siano stati proprio questi appoggi politici a garantire a Matteo Messina Denaro una certa tranquillità.

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Dietro Cosa Nostra, ovviamente, ci sono altre mafie. Pensiamo ovviamente alla ‘ndrangheta, la potentissima mafia calabrese, o alla camorra: mafie meno letali ma comunque molto influenti…

La ‘Ndrangheta è ovviamente la mafia più potente. Ha la particolarità di essere riuscito a colonizzare zone al di fuori della sua regione di origine, il che lo rende ancora più pericoloso. È stata esportata come la camorra, la mafia napoletana e come Cosa nostra nel nord Italia, ma è riuscita a colonizzare davvero il territorio, cioè è riuscita ad imporre lo stesso modo di operare solo in Calabria. Ha le mani sul traffico di droga. È molto radicato in Lombardia, Liguria, Piemonte, ma anche in Valle d’Aosta, o in Emilia-Romagna. La ‘Ndrangheta è riuscita a condizionare le gare imponendo anche il Pizza (tassa mafiosa) in alcuni territori. È stato anche esportato all’estero, in particolare in Canada e in Australia. È presente anche nel nord Europa, anche se i nostri vicini europei si rifiutano di vedere la portata del fenomeno. È molto presente in particolare in Germania, ma anche in tutti i paesi con grandi porti, come il Belgio o l’Olanda.

Per essere più efficace, la lotta alla criminalità mafiosa deve essere considerata a livello europeo. Come lavora l’Italia per convincere i suoi partner? Che cosa manca?

Manca chiaramente soprattutto la consapevolezza della pericolosità del fenomeno e la sua capacità di espansione. E siccome non abbiamo questa consapevolezza, la conseguenza è che non abbiamo l’arsenale legale per contrastare la mafia come sistema. Tuttavia, ed è questo il grande punto di forza della legislazione italiana, è che non si puniscono i delitti ei delitti uno dopo l’altro. Noi sanciamo davvero l’esistenza di un sistema. Per questo si arriva sempre più spesso a quelle che vengono chiamate “maxi prove”. Mancano anche misure di repressione e confisca dei beni. Anche se c’è cooperazione tra gli organi di giustizia nazionali, rimane molto difficile sequestrare beni all’estero. Le procedure sono anche molto lunghe e quando ti trovi di fronte a persone che hanno il compito di nascondere i propri soldi, diventa difficile.

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Molti in Italia si chiedono se Matteo Messina Denaro ‘sederà al tavolo’ come si suol dire. Credi che svelerà segreti su Cosa Nostra?

Quindi, non lo sappiamo. È solo la mia opinione, ma penso che ci siano pochissime possibilità che parli, perché tutti prima di lui non hanno parlato. Non parlerà, tanto più che sa di essere condannato. Devi immaginare che doveva ancora prepararsi per tutti questi anni, quindi mi sembra altamente improbabile. Ora, se parla davvero, può fare rivelazioni che metteranno in imbarazzo più di uno. Ma i suoi segreti sono quelli che gli hanno permesso di rimanere in fuga per così tanto tempo. Cosa caratterizza una mafia? Il fatto che sopravvivrà ai suoi membri, quindi non metterà a repentaglio, credo, l’esistenza stessa della mafia. Questo mi sembra altamente improbabile.

È importante parlare anche di quest’altra Italia, di quest’altra parte della popolazione che ormai chiaramente rifiuta i valori mafiosi e non ha più paura di festeggiare l’arresto di un boss mafioso. Questo mi sembra un ottimo segnale di progresso della cultura della legalità che è il frutto di tutto il lavoro svolto sul campo, dalla magistratura ovviamente, ma anche dalle associazioni antimafia.

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