Si dice spesso che solo un buon governo è quello che mantiene le promesse elettorali. Altrimenti gli elettori, che già non credono più a niente, si sentono traditi da chi li rappresenta. Attenzione però a non trasformare questa idea, che è assolutamente corretta, in un ritornello polemico. Tra promettere e mantenere c’è infatti la realtà dei fatti, che inevitabilmente rimescola le carte.
In altre parole, un buon governo (e una buona politica) è anche quello che, di fronte a una situazione senza precedenti, cerca di affrontarla nel miglior modo possibile. Anche se ciò significa rivedere le tue posizioni precedenti. La coerenza in politica, per definizione regno dell’incertezza e dell’imponderabile, è una virtù che può facilmente indurre all’errore.
Nel suo primo anno di vita, il governo di Giorgia Meloni ha già vissuto diverse vicissitudini: il collasso geopolitico del Nord Africa, l’intensificarsi della crisi migratoria, il protrarsi della guerra russo-ucraina, l’accelerazione della spirale inflazionistica, la Germania in crisi recessione.
Sfortuna? Trame del nemico? No, semplicemente la storia, che ha preso una direzione diversa da quella prevista. Ma se cambiano gli scenari, anche le priorità dovranno necessariamente evolversi.
Una scelta obbligata più che deliberata
La crescita prevista del PIL non c’era. Le risorse su cui contavamo sono state quindi notevolmente ridotte. Cosa fare ? Rimanere coerenti con promesse che non sono più sostenibili? Forzare il bilancio dello Stato fino a incorrere nelle sanzioni europee? Oppure adottare misure prudenti in attesa di giorni migliori, avendo la lungimiranza di spiegare l’amara verità ai cittadini?
La strada intrapresa dal governo, quella del pragmatismo o del realismo economico, è stata per molti una scelta consapevole.
“Evangelista di zombi. Pensatore. Creatore avido. Fanatico di Internet pluripremiato. Fanatico del web incurabile”.